di Sandra Salvini
Il suo profumo si sentiva tra la gente.
Il padre di mio padre, mio nonno, soprannominato “nonno Gatto”, per le sue grandi orecchie, a metà novembre iniziava a dire:
<Per il Ceppo, siete tutti invitati a casa mia!>
Ero piccola e non sapevo cosa significasse “Ceppo”. Quella parola mi aveva sempre fatto pensare a un pezzo d’albero, piantato in terra, con delle radici ben salde. Poi il nonno un giorno, come soleva fare spesso, mi fece sedere sulle sue ginocchia e mi raccontò la storia del Ceppo.
In Toscana, un tronco veniva fatto bruciare nel camino la notte di Natale.
Il “Ceppo” era quel tronco.
Dicembre, per me, è sempre stato un mese magico. E devo confessare, che lo è ancora oggi. Con mamma, ci mettevamo lì al tavolo della cucina, a sognare i regali da scrivere nella letterina di Babbo Natale. Poi lei li comprava e li nascondeva. Era bravissima a non farsi scoprire.
Con la vecchia Fiat Cinquecento, io e la mamma andavamo a comprare l’abete. Quello vero. Sempreverde. La tradizione vuole che sia un sempreverde, perché lo è Gesù… Lui non muore mai.
L’albero toccava a mia sorella ad addobbarlo.
Lei diceva: <Io sono la più grande, faccio io!>
A me, lei permetteva di togliere la carta dalle palline, non da quelle pregiate. Ne ricordo una bellissima a forma di tucano, tutta luccicante. Non ho mai potuto attaccarla. Dovevo solo guardare e aspettare che tutto fosse pronto. Era bellissimo l’alberello, con le grandi luci rotonde e colorate di vetro trasparente sfaccettato. Tutta la stanza rifletteva di magia.
A mia madre piaceva adornare quadri e porte, con lunghi fili argentati e mettere qua e là mazzolini di pigne di bosco. (Beh… questo potevo farlo!) Pian piano dalle finestre delle case, si cominciavano a vedere bagliori di mille luci colorate.
Ricordo con piacere, la letterina preparata a scuola da portare a casa, per essere letta il giorno di Natale a pranzo. Mamma me la faceva sempre mettere sotto il piatto di babbo.
Ogni anno arrivava Babbo Natale. Indossava un lungo mantello, fino ai piedi, di color rosso acceso, una ricciuta barba bianca e spessi occhiali neri. Sulle spalle un enorme sacco di iuta, ricolmo di regali.
Quanta emozione.
Quante bambole, giochi e giocattoli.
In terza elementare scoprii, che era la zia della mia migliore amica. Non ne rimasi delusa. Ero stata una bambina fortunata, per anni avevo ricevuto la sua visita e tanti bei doni.
Lasciavo quel sogno con serenità, sicura che non lo avrei mai dimenticato Babbo Natale.
Con i miei figli mi sono divertita a scrivere letterine e ad inviarle in Via delle Renne, n.25.
Tante colazioni gli abbiamo preparato, latte, biscotti e mandarini.
E lui, “birbone”, lasciava a terra le bucce.
Quante volte mi sono vestita da Babbo Natale e spiato da sotto gli occhiali di mia nonna, lo sguardo curioso e intimorito dei miei pargoli.
Quella campanella li faceva trasalire: <Eccolo,eccolo!!!>
La magia assopita in me si risvegliava.
A scuola oggi, quando parlo di Babbo Natale ai miei fanciulli, dico sempre: <Io ci credo…. e aspetto che arrivi anche quest’anno >.
Credere a Babbo Natale
vuol dire rimanere bambini dentro
e continuare a sognare.
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Brava Sandra. Il tuo racconto sulla magia del Natale è stupendo. Scrivi ancora. Un abbraccio
Grazie Lido!!! Sei sempre gentilissimo!!!