di Ester Bonelli
Lo conobbi un mattino che di merla
era il giorno, con gli occhi morenti di
colei che madre di mio padre fu, mi
scrutò curioso, m’apparve dolente e
giusto, gli sorrisi quieta, mi consolò.
A riconoscerlo imparai nelle
zoppie dei vecchi, nelle incipienti
rughe dei miei adulti, in quei silenzi
e improvvise assenze, amorevole
malleabile perfino mi sembrò.
La sua mano mi accarezzava sovente
opalescente, palpabile appena, mi
sfiorava e forse convegno mi dava
appuntamento, e io non sapevo.
Fui tarda a capire che a sfidarmi iniziò
in un’ardua gara più improba ogni dì
lentamente sembianze e colore mutò,
da amico che era implacabile scure
divenne nei miei maturi risvegli.
Ah, io so bene che adesso c’è chi lo
vede nei miei passi sempre più lenti
in quello smalto scolorito di guance
e denti, ora che di me le fattezze
ha assunto, nessuna carezza, solo
un ghigno, e rari attimi di tenerezza.
***
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Dolcissima poesia sullo scandire inesorabile del tempo.
È bella, ma proprio bella bella, questa poesia! Ha consistenza ogni parola! Ha vita ogni verso. È brava questa ragazza/poetessa!