di Luisa Patta
Il tempo ti cambia. Succede specialmente quando diventi genitore. Non smetti mai di essere figlio, ma nei fatti è come se te ne fossi dimenticato. All’improvviso il tempo ti mostra i tuoi genitori per quello che sono: due persone, con le quali il tempo ora ti ha messo alla stessa altezza. Non è un dialogo facile, del resto non lo è mai stato. Ma ora c’è un linguaggio comune, un codice di sacrifici e umane debolezze.
Ora il tempo è un gioco a carte scoperte, come quando, dopo lo spettacolo, riesci a sgattaiolare dietro le quinte. Quello che trovi dietro è emozionante, ma la cosa su cui ti soffermerai è quella sala muta, svuotata. In particolare la tua sedia, lasciata vuota qualche minuto prima, il posto che occupavi e da dove il tuo sguardo si lanciava in avanti. Vista da
questa parte è un punto indecifrabile, insignificante. Eppure lì, su quella sedia, ti sei emozionata, hai lasciato sogni e sospiri.
Sulle tue cosce ci sono ancora i segni del vestito di cotone piegato tra la sedia e la tua pelle, per la durata dello spettacolo. Tu porti i segni, pensi, di quella permanenza in sala, ma la sedia non ha più niente di te.
Il tempo è una sedia vuota che speri, un giorno, racconterà di te.
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