di Fabio Mele
Basta un attimo per far tornare indietro la clessidra. Basta chiudere gli occhi. E Luca chiude gli occhi.
Sente le radio e le televisioni che risuonavano nelle strade, a Genova, nel ‘92. Come se fosse lì.
Vede rientrare in casa bambini e ragazzi, adulti ed anziani, perché la parte blucerchiata di Genova aspettava da mezzo secolo una sera così.
Rivede Wembley di allora. Un catino festante, la pista di atletica e le transenne, le panchine di legno. Poi comincia il film, una pellicola che durerebbe centoventi minuti, ma che si interrompe dopo centodieci, con quella maledetta punizione contro. Genova pianse con i suoi bambini.
Piange anche ora, Luca, abbracciando un amico. Riapre gli occhi e la clessidra torna avanti, vede di nuovo Wembley, ma quella del 2021. L’azzurro. Davanti a lui, di nuovo Roberto. Stavolta non corrono con la palla tra i piedi, sono vestiti di tutto punto. Com’è stato possibile se solo un istante fa si era mangiato due gol? Possono delle lacrime fare un viaggio di ventinove anni dal 1992 al 2021 per ritornare in modo completamente diverso?
“Eccoci qui”. Pensa. “In giacca e cravatta soltanto fuori, ma non dentro. E stavolta insieme ce l’abbiamo fatta, Roberto”.
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