di Silvia Grillanda
«Forza! Giù da quel letto!»
Così dicendo mia madre si diresse verso le veneziane per illuminare la stanza.
Buttai l’occhio verso la sveglia.
«Mamma sono le sette…»
«Più delle sette, e abbiamo tante cose da preparare per il mare. Guarda qua: il sole è già alto.»
«Non si può mai stare in pace!»
«Inizia a preparare i tuoi costumi: sono nel terzo cassetto del comò.» e se ne andò in cucina.
Quando arrivai in cucina mio padre era impegnato a sistemare il tavolino rosso da campeggio che si chiudeva a valigia.
«Adesso mangia qualcosa, poi dai una mano a tua madre, che deve sistemare la borsa frigo»
«Quella verde chiaro che ci ha regalato lo zio?»
«Proprio quella. Pensa che quello proprio oggi parte e se ne va alle Canarie!»
«Eccolo! Hai sempre da ridire su mio fratello! Muovetevi con questi preparativi, e non dimenticatevi l’anguria, che l’ultima volta l’avete lasciata a mollo nel secchio!».
Non erano ancora le otto ma eravamo già tutti pronti per la partenza.
Quando sentii mio padre urlare una serie di parolacce assortite e maledizioni di ogni tipo.
«Vacca boia!»
«Cosa succede adesso?» urlò mia madre dalla cucina.
«La 131 ha una gomma a terra!»
«Essignore! Come facciamo? Stiamo a casa?»
«Ma no ma no, cambio la gomma. Certo che così partiamo più tardi. Vado a prendere il crick».
Intanto i rintocchi del campanile scandivano le otto in punto.
Mia madre sollevò le mani e lo sguardo, disperato, al cielo.
C’era già un caldo torrido.
Tra il cambio pneumatico e le varie lamentele di mia madre, passò una mezz’ora.
Finalmente la partenza per il Lido.
Mio padre non diceva nulla e mia madre aveva la faccia di una persona parecchio arrabbiata.
«Papà accendi la radio?»
I miei genitori non parlavano ma io ero felicissima.
«Guardate! Il signore dei gelati!»
Il megafono stava annunciando l’arrivo del gelataio.
Dallo specchietto retrovisore mio padre vide il gelataio che ci seguiva, a poca distanza, con il suo Apecar.
«Io voglio un Cornetto!»
«Ecco dai, accumuliamo ancora ritardo, neanche fossimo portiti presto.»
«Dai Silvana, ne approfitto per chiedere due cose sul traffico. Tu vuoi un Cremino?»
Finalmente arrivammo al mare.
Mia madre era ancora un po’ alterata.
«Mamma mia che caldo. Eh certo, ad arrivare a quest’ora! Dai Franco, vai a pagare l’ombrellone, che qui rischiamo di rimanere senza!»
Affondai il piede nudo nella sabbia, ancora un po’ fresca.
Assaporavo già una giornata fatta solo di mare e divertimento.
«A quest’ora mio fratello dovrebbe essere già partito. Mah: chissà!»
«Ma si dai, farà come al solito: chiama quando torna. Adesso non pensiamoci più e facciamo un bel bagno!».
«Viaaaa!», urlai correndo verso il mare.
La mattinata finì in un lampo.
«Dai che è mezzogiorno! Esci da quell’acqua!», gridava mia madre con l’asciugamani pronto.
Mentre tornavo verso di lei notai che tante persone stavano lasciando la battigia per dirigersi verso lo stabilimento balneare.
In particolare, notai una donna che si trovava poco lontano da me si mise ad urlare portandosi le mani al viso.
«Mamma ma è davvero così tardi?»
«Ma no dai, le sarà successo qualche cosa. Sbrigati ad asciugarti, che andiamo in pineta a mangiare qualcosa.»
Mentre tornavo all’ombrellone continuai a notare questo viavai di persone tra la spiaggia e il bar.
Il bagnino stava raccontando qualcosa a un gruppo di anziani, tutti in silenzio ad ascoltarlo.
Mio padre ci stava raggiungendo a piedi e parlò con tono basso e fermo: «Silvana, per radio hanno detto che alla Stazione di Bologna c’è stata un’esplosione. Ci sono dei morti…».
Mia madre spalancò gli occhi e diventò pallida in volto.
«Oddio!»
«Devo sedermi», disse.
Si sedette qualche secondo sul lettino.
«Cosa vuol dire papà? E’ una cosa grave?»
«Sì Sara, è una cosa molto brutta.»
Mio padre mi guardò con rassegnazione e cominciò a ripiegare i teli per la spiaggia.
Mia madre aveva il fiato corto «Vado al bar a cercare un telefono», disse infilandosi gli zoccoli.
Dopo pochi minuti era già di ritorno.
«Il telefono è sempre occupato e c’è la gente in coda per chiamare. Adesso come facciamo?».
«Forza signore. Si torna a casa.».
Ormai era l’una ed ero seduta in auto, triste e con una gran fame.
Mia madre mi allungò un panino e accese la radio, mentre mio padre spingeva sull’acceleratore.
«Una disastrosa esplosione ha sconvolto stamane, alle 10:25, la stazione ferroviaria di Bologna. Ancora adesso, mentre vi parliamo, le autoambulanze corrono verso il piazzale dove, i vigili del Fuoco, Polizia e Militari del Genio e decine di volontari stanno estraendo dalle macerie decine di corpi dilaniati dall’esplosione…».
«Arrivati»
«Vado subito a telefonare!»
«Ma a chi telefoni se Stefano è partito?»
«Ai suoi amici. A qualche amico…a qualcuno: non lo so!»
«Ma chi? Chiami quelli che dovevano partire con lui?»
Io non capivo.
«Mamma… ma lo zio non doveva partire con la sua fidanzata?»
«Oddio Elisa! Quella ragazza lavora alla Radio ed ora sarà impegnata!»
Mio padre stava già sfogliando l’elenco telefonico alla ricerca del numero.
Mia madre teneva la cornetta con due mani.
«Pronto Rete Alfa?»
«Sì! Chi parla?»
«Elisa sei tu? Sono Silvana»
«Ah ciao Silvana, vuoi parlare con tuo fratello? E’ qui con me.»
«Con te? Ma non doveva partire questa mattina?»
«Sì, ma poi c’è stato un imprevisto e ha deciso di rimandare la partenza. Non te lo aveva detto?».
***
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