di Pamela Pirola
È sera, la città è deserta. Una piacevole brezza estiva accarezza il mio viso. I passi sono lenti e cadenzati.
D’improvviso mi rendo conto di essere sul lungomare. Questa camminata ha un potere meditativo e terapeutico su di me.
Adoro passeggiare vicino al mare, il rumore delle onde, l’odore della salsedine, la luce fioca dei lampioni, il silenzio della notte, i granelli di sabbia sotto ai piedi e i contorni poco nitidi. Osservare quella enorme distesa scura e percepirne la maestosità. Un mondo a me sconosciuto.
Una panchina sembra attendermi e chiamarmi a sé. Mi siedo e continuo a perdermi nella bellezza e nella ritmicità del movimento delle onde. In lontananza solo una luce intermittente. Un faro, una stella per i naviganti che sanno di essere sulla rotta giusta e vicini all’arrivo. È lì per esserci, per combattere, affinché nessuno nella notte buia si senta solo. Non importa quante tempeste si infrangono su di lei, è lì per indicare la via, la retta via.
Guardo il nero intorno a me e vedo la luce e intuisco che il cammino è quello giusto. So che sto lasciando le ombre e che il viaggio sta per concludersi.
Le ombre e il buio.
Quante zone d’ombra abbiamo dentro di noi?
Le ombre che abitano dentro di me sono tante e a volte anche affascinanti. Mi chiamano e mi attirano. Annebbiano la mia mente. Ed è come se camminassi nella nebbia, perdendo completamente la percezione del tempo e non vedendo in modo nitido i contorni di ciò che mi circonda.
Vago nel buio e inciampo in rovi aggrovigliati fatti di pensieri catastrofici, scendo nella profondità degli abissi della mia anima, sempre più giù fino a toccare il fondo per poi risalire lentamente.
Fuori il mondo continua a vivere, con il tempo che scorre inesorabile e io trasformo i giorni in giorni fotocopia. Oggi uguale a ieri, domani uguale a oggi.
E devo per forza farlo… attraversare il buio affinché possa trovare la luce, il faro, l’arrivo.
Bisogna perdersi per trovare la strada giusta.
Sorrido pensando a chi vive nel buio, a chi non lo vuole attraversare, a chi si accontenta.
Ci vuole coraggio, molto coraggio per camminare nell’oscurità, procedere a tentoni, cadere, ridursi in mille piccolissimi pezzi e avere la forza di guardarli e prendere in mano la propria luce e la propria vita.
Quel flebile bagliore che non smette mai di chiamarci, di indicarci la via, di dirci che siamo vivi.
Mi alzo e, dando un ultimo sguardo al mare e all’orizzonte, mi incammino verso casa. Sollevo la testa verso il cielo e vedo un tappeto di stelle, pronte ad illuminare l’oscurità della notte e dell’anima.
***
Se vuoi leggere altri componimenti relativi a questa Silloge, clicca sul link: Silloge #Ombra