di Paola D’Agostino
C’era qualcosa di ironico nel chiamare la nuova operazione Operazione Pasqua, visto che qui non si trattava di far resuscitare qualcuno ma di ucciderlo e di assicurarsi che fosse definitivamente stecchito.
E che Miss M. fosse in vena di ironia, si intuiva anche dalle rime scritte sul bigliettino che accompagnava il grosso coniglio di cioccolato che mi aveva fatto recapitare:
Certo, piccolo non sono/In compenso sono buono/Cioccolato e caffè/Come so che piace a te/La sorpresa poi, ti piacerà/ È una grossa novità/Questa volta per giocare/Non dovrai eliminare.
Buono era buono davvero: pregiato cioccolato fondente con retrogusto di caffè e caramello, il mio preferito.
Questa attenzione nei confronti dei “collaboratori” era una cosa apprezzabile, una sorta di captatio benevolentiae che funzionava, devo ammetterlo.
Essere una killer stipendiata da un’organizzazione segreta, non era una di quelle cose di cui potevi vantarti e le piccole attenzioni di Miss M. sembravano alleggerire un po’ il compito.
Le sorprese all’interno del coniglio di cioccolato erano due: un bel po’ di bigliettoni e il dossier dell’obiettivo con tanto di foto al profumo di cioccolato.
Il mio cellulare iniziò a vibrare, proprio mentre osservavo la foto: “L’hai già aperto?” la voce di Miss M. era morbida e gradevole. Avrebbe potuto fare l’attrice di radiodrammi, invece la vita l’aveva spinta verso il bivio sbagliato ed eccola ora, a capo di un’organizzazione non riconosciuta ma di cui molti governi si servivano
“L’obiettivo è davvero molto carino, sembra Harry Potter trentenne. Peccato che abbia scelto di stare con Voldemort, vero?” risposi.
“Non devi ucciderlo, deve sparire e resuscitare in un’altra parte del mondo. L’ho chiamata Operazione Pasqua per questo motivo, pensavo fosse chiaro. Ti avevo anche lasciato un indizio nella filastrocca che accompagnava l’uovo! Non l’hai colta, evidentemente”.
Ero così confusa e sbalordita che mi uscì solo un “Evidentemente”.
Miss M. mi spiegò, in maniera sbrigativa, che il SembraHarryPotter era finito in un guaio più grande di lui per aver aiutato a rintracciare una rete di pedofili, ma che questo l’aveva messo in serio pericolo.
Poi aggiunse: “Devi solo nasconderlo in un posto sicuro nei tre giorni che precedono la Pasqua e poi devi metterlo sul volo per Londra. Su quell’aereo ci sarò io. Una resurrezione in piena regola, dunque”.
“Puzza di ingaggio fino a qui” risposi lapidaria.
“Sì, ecco, se entrasse a far parte dell’organizzazione non sarebbe male” ammise lei.
Per un’operazione del genere, dovevo contattare H. Non conoscevo il suo nome, come lei non conosceva il mio. Io ero P. e lei era H. perché i nomi sono sopravalutati e poi nel nostro ambiente sono anche superflui. Era la migliore hacker in circolazione e anche la cosa più simile a un’amica che io avessi mai avuto. No, decisamente con le amicizie non avevo avuto fortuna. Mi rivolgevo a lei prima di ogni lavoro perché mi fidavo di Miss M. ma mai fino in fondo.
Dopo aver ascoltato distrattamente, H. sentenziò: “Questo è un compito da sette”.
Era una frase in codice che usavamo da anni: a seconda del numero pronunciato all’interno della frase, avrei dovuto prepararle da mangiare. L’uno significava che avrei dovuto impegnarmi a preparare un solo menù composto da un primo, un secondo e un contorno. Due erano due menù, tre menu e così via. Lei aveva detto sette, ciò significava che dovevo mettermi il grembiule e abituarmi all’idea che avrei trascorso parecchie ore in cucina. Era questo il nostro patto extra: lei lavorava per me, io la pagavo e in più cucinavo per lei. Perché? Perché mi piaceva cucinare e mi faceva sentire “normale”.
Dopo circa sei ore e una quantità di contenitori ricolmi di pasta, polpette di verdure, hamburger, patate e anche qualche dessert, la sentì esultare.
Mi raggiunse in cucina con una pila di fogli e istruzioni dettagliate su chi contattare per documenti falsi e tutto il resto.
Ora, restava solo una cosa da fare: avvicinare Harry Potter e assicurarmi di avere la sua collaborazione. Per uccidere un obiettivo, ti basta pedinarlo fino a conoscere ogni sua mossa, per salvargli la vita, devi ascoltarlo.
Quando mi sentii pronta, lo agganciai. Scelsi il supermercato, perché la gente è più incline ad accettare nuove conoscenze in un contesto non formale e banale. Aveva in mano due vasetti di aglio in polvere, indeciso su quale marca scegliere.
“Meglio l’aglio fresco” suggerii passandogli accanto con il carrello della spesa.
“Già, peccato sia impossibile da digerire” rispose sconsolato.
“Mia nonna è italiana e mi ha insegnato un trucchetto: basta togliere quel filamento interno che rende l’aglio indigesto”.
L’Operazione Pasqua era iniziata.
Sipario. Si va in scena.