di Luisa Lippi
Sei arrivata finalmente bambina mia! Non ci credevo più e non ci pensavo più. Gli anni passavano tutti uguali e di te non c’era traccia.
Francamente mi dicevo che non mi importava di diventare nonna. Alle domande degli altri: “Non sei ancora nonna?” rispondevo evasivamente e spavaldamente, ma dentro di me ero anche seccata della loro invadenza.
Che mi importava, vivevo bene così, ero libera di vivere la mia vita. Ero ancora giovane, non mi ci vedevo proprio ad accudire un bambino e soprattutto a essere chiamata “nonna”. Certo mi dispiaceva vedere i miei ragazzi disperati perché non arrivavi, è la vita, mi dicevo e gli dicevo. Essi mi guardavano con dolore non rassegnato. Mi facevano tenerezza, ma chiudevo il mio cuore alla loro disperazione.
Poi, un giorno, quella telefonata.
“Mamma, siediti- silenzio prolungato- sei diventata nonna!”
Mi ero davvero seduta, pronta a qualsiasi ferale notizia. Mai avrei pensato che la notizia sarebbe stata quella del tuo arrivo nelle nostre vite. Ero diventata una nonna adottiva! Così, di punto in bianco, all’improvviso. Tante domande si sono affollate nella mia mente. Chi era quella bambina sconosciuta che piombava nelle nostre vite? Da dove veniva, chi erano i suoi genitori, perché l’avevano abbandonata?
Non c’è stato il tempo per le risposte. Non ce n’era bisogno.
Con la forza di un uragano hai sconvolto le vite di tutti. Un uragano gentile e tenero che ha scardinato i nostri cuori.
Quando ti ho preso tra le braccia non ho capito più niente.
L’unica cosa che ho compreso era che, da quel momento, non ti avrei più lasciato e che saresti diventata parte della mia vita. Ho anche pensato con tenerezza alla tua mamma biologica che una notte, in un grande ospedale, ha voluto che tu nascessi. È una grande donna la tua mamma, chissà che dolore ha provato nel lasciarti in quella culla. Sicuramente non poteva prendersi cura di te come avrebbe voluto. Le devi volere bene, anche se forse non la conoscerai mai, perché ti ha donato la vita. Ora avevo una nuova responsabilità, quella che hanno tutti i nonni: guidare i nipoti con dolcezza, coccolarli, farli sentire protetti e amati.
Ma come imparare? Nonni non si nasce, si diventa.
Io avevo solo l’esempio della nonna paterna, una donna dura e autoritaria, ma comunque amatissima. Una donna che aveva avuto una vita difficile e che si era costruita una corazza impenetrabile. Sentivo che non avrei mai potuto essere come lei, ma sapevo che da lei avrei potuto trarre alcuni buoni spunti. Ora che ti ho tra le braccia vorrei dirti tante cose, trasmetterti tutto quello che so, insegnarti la vita…
Ma si può insegnare la vita? Non credo.
Ora lo so: la vita va vissuta e basta, provando e riprovando, sbagliando il più delle volte, sbattendo la testa e rialzandosi. Mi guardi con i tuoi occhi neri e teneri, pieni di fiducia e di dolcezza. Mi tendi le braccia perché ti fidi di me. Sai che su di me potrai contare, ed è vero, anche se, ancora non lo sai, non sarà per sempre.
Allora, cosa posso fare per te, oltre che accudirti, darti da mangiare, cambiarti, giocare con te?
Spesso mi sorprendo a farti dei discorsi da grande che tu, naturalmente, non puoi capire, ma io ci provo lo stesso, perché spero che qualcosa ti rimanga. Non abbiamo lo stesso DNA, ma cosa importa, abbiamo l’amore che ci lega e che è più forte di qualsiasi legame biologico. Ti guardo e rivedo me bambina, quando a casa della nonna la ascoltavo raccontarmi le storie della sua vita. Una vita dura che le aveva insegnato tanto e che tanta parte ha avuto nei miei ricordi. Vorrei che anche per te fosse la stessa cosa, che quando sarai grande parlerai di me con lo stesso affetto e lo stesso struggente ricordo. Eccomi allora a raccontarti le storielle, le favole, le filastrocche che hanno reso gioiosa la mia infanzia. Vedo con gioia che divertono anche te. Quante risate ti fai a sentire il ritornello di Ambarabà ciccì coccò o la storiella di Madama Dorè.
Il tempo passa, ma l’amore è sempre quello e resta.
Ora si avvicina il Natale e questo è il tuo primo Natale con noi.
L’altro Natale lo hai passato da sola in una fredda nursery del grande ospedale dove sei nata. Certo sei stata curata con competenza e affetto dal personale e forse non ti sei resa conto della tua solitudine in quella candida stanza illuminata da luci fredde e crude, ma ora finalmente sei a casa, la tua casa, circondata dall’affetto dei tuoi genitori e dei tuoi nonni. Ecco, vorrei che questo tuo primo Natale con noi fosse speciale per te. Sei ancora piccolissima e sicuramente non lo ricorderai negli anni a venire, ma sono convinta che, se ne sarò capace, qualcosa rimarrà dentro di te.
Voglio raccontarti dei miei Natali di bambina, dell’allegria con la quale ogni mattina aprivo la finestrella del calendario dell’Avvento, dell’attenzione che mettevo nello scrivere la letterina a Gesù Bambino, della preoccupazione con la quale facevo l’esame di coscienza per capire se ero stata brava abbastanza, della trepidazione con la quale vivevo la Vigilia.
Quando il Natale lo passavamo dalla nonna, l’emozione era ancora più grande. Nella cucina della casa antica ardeva sempre un fuoco scoppiettante nel grande camino. Sulla credenza, appoggiati su teli bianchi pulitissimi, c’erano ad asciugare i maccheroni fatti a mano dalla nonna. Il profumo del sugo che bolliva sulla cucina economica si spandeva in tutta la casa. Un albero di natale decorato allegramente faceva bella vista di sé nel salotto buono. Erano belli quei Natali. Erano semplici e ci regalavano attimi di felicità. La gioia non era data solo dai regali che, impacchettati con cura, erano disposti sotto l’albero e aspettavano solo di essere aperti. Gioia era soprattutto il ritrovarsi tutti insieme con i cugini dopo mesi di lontananza, felicità era parlare di noi, di cosa avevamo fatto, ridere di stupidaggini e fare spazientire la nonna se diventavamo troppo chiassosi. Si arrabbiava spesso la nonna, ma sono convinta che in cuor suo fosse contenta di averci lì tutti intorno come i pulcini con la chioccia.
I tempi sono cambiati, tutto è diventato più asettico e freddo, ma io spero che i nostri cuori battano sempre al ritmo degli affetti e dell’amore incondizionato. Il compito dei nonni è quello di rendere speciale l’infanzia dei loro nipoti e io farò di tutto perché anche tu un giorno possa dire quanto mi hai voluto bene e che bei ricordi ti ho lasciato. Tu sei una figlia unica, e unica lo sei veramente in tutti i sensi, così per me sei una nipote unica e spero che anche io possa essere una nonna unica.
Questo nostro primo Natale insieme sarà il nostro banco di prova.
Abbracciami bambina mia, la tua manina mi accarezza il viso mentre con vocina ancora incerta gorgheggi parole incomprensibili e io sento sparire ogni ansia e ogni affanno.
Stringiamoci insieme e guardiamo verso il cielo. Comincia il freddo, ma il calore che ci unisce ci riscalda e i nostri cuori battono all’unisono, ancora per molto tempo, spero.
Buon Natale bimba mia.
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Davvero struggente !!! Meraviglioso!
Il racconto di persone che sanno fare grandi scelte con grande ricchezza d’animo❤️
Brava 🤩
A leggere questo racconto,mi assale la nostalgia dei miei nipoti ora tutti adulti. Spero tanto che anche loro si ricordino dei momenti vissuti insieme a noi.
Tante volte ho pensato di potere dare ancora tanto affetto a delle creature che sono state abbandonate,
ma poi mi prende la paura, paura di non essere piu all altezza di prendermi cura di un bambino piccolo. Però ammiro chi lo fa.
In questo racconto..vivo la mia emozione di essere nonna! La stessa realtà ..il dono d’amore che si riceve ..nel dare amore incondizionato! Il riflesso della nostra vita che continua all’infinito nei nostri affetti! Grazie alla Vita ! Ci permette questo ogni giorno vissuto con Amore!