“Amnesia Natalizia”

di Alessandra Montali

Crisi d’identità

Pochi giorni ancora e Natale sarebbe ritornato fra la gioia, la tenerezza e la felicità di grandi e piccini.

In Lapponia stava nevicando: fiocchi fitti e soffici si posavano silenziosi sulla neve che già da settimane aveva ricoperto quel villaggio, famoso per essere il paese di Babbo Natale.

Babbo Natale, felice come non mai, aveva finito di impacchettare i regali con alcuni giorni di anticipo rispetto agli altri anni e ora si poteva dedicare tranquillamente alla cura del suo tradizionale vestito. Diede una bella spazzolata al rosso completo per tirare via la polvere, aprì la tavola da stiro, mise l’acqua nel ferro a vapore e spruzzò una generosa nuvola di appretto come ultimo tocco. Poi, con passo deciso, salì le scale della mansarda per andare a prendere gli stivali di pelle. Fischiettava felice e spensierato come non lo era da tempo. Prese le calzature ancora imbustate dal Natale precedente e si apprestò a scendere le scale, quando, non si sa come, gli scivolò un piede e cadde in avanti, cercò di acchiappare il corrimano, ma rotolò fino all’ultimo gradino, per poi finire sdraiato sul tappeto dell’ingresso in stato di incoscienza.

I vicini di casa, la signora Gulla e il marito Osvard, avevano udito quegli strani rumori e si precipitarono a bussare alla porta di Babbo Natale. Suonarono e risuonarono il campanello e non ricevendo risposta, presero le chiavi di scorta che Babbo teneva dentro la brocca sulla finestrella, aprirono la porta e fu lì che lo trovarono: sul tappeto, steso, col pancione all’aria e con un vistoso bernoccolo sulla fronte che stava lievitando a vista d’occhio. Gulla, senza perder tempo, andò subito a prendere fuori un po’ di neve per metterla sulla fronte tumefatta. Il contatto freddo fu subito avvertito da Babbo Natale che boccheggiò qualcosa simile ad un lamento, si toccò la fronte dolorante e infine aprì gli occhi. Guardò Gulla e Osvard senza capire. Lo aiutarono a tirarsi in piedi per farlo sedere sul divano.

“ Cosa è successo?” chiese Babbo Natale con una voce che sembrò strana anche a lui.

“ Sei caduto dalle scale… Abbiamo sentito un gran fracasso e un tonfo da casa nostra, così siamo venuti a vedere cosa ti fosse successo!” spiegò Osvard.

Gulla diede una leggera gomitata al marito per indicargli l’espressione strana che Babbo Natale aveva stampata sul viso. Anche Osvard aveva notato che c’era qualcosa di diverso in lui, ma pensò che fosse dovuto a quella brutta caduta. Purtroppo capì che c’era dell’altro quando lo sentì formulare la domanda: “Ma voi chi siete? E io chi sono?”

Gulla lo fissò negli occhi e si augurò in cuor suo che stesse scherzando.

“ Come chi siamo? Siamo i tuoi vicini. E tu…tu sei Babbo Natale!”

“ Eh? Chi sono? Babbo Natale?” fece eco l’omone con un’espressione incredula.

Gulla annuì e a quella risposta Babbo Natale iniziò a ridere a crepapelle, così di gusto che il pancione sussultava avanti e indietro e lacrime presero a scendergli copiose sul viso. Rideva così tanto che Osvard chiamò subito il dottor Zulius, il quale si precipitò e, per calmargli quella risa irrefrenabile, gli dovette fare una iniezione. Dopo pochi minuti si addormentò col sorriso sulle labbra.

I due coniugi misero al corrente il dottore di quello che era successo e del fatto che Babbo Natale non si ricordava più di nulla

“ Si riprenderà in tempo per la notte di Natale?” chiese preoccupata Gulla al dottore.

“ Speriamo di sì. Mancano ancora alcuni giorni. Dobbiamo essere ottimisti.” rispose Zulius.

“ Non sarà Natale se lui non si riprenderà.” disse in un sussurro Gulla.

Il dottor Zulius, prima di andarsene, consigliò ai due coniugi di stare accanto a Babbo Natale, di fargli vedere le foto che lo ritraevano col suo tradizionale costume rosso e soprattutto di fargli leggere alcune delle migliaia di letterine scritte dai bambini di tutto il mondo. Gulla e Osvard acconsentirono, ma sui loro volti c’era tutta la preoccupazione.

La mattina dopo, quando Babbo Natale si svegliò, aveva ancora la testa indolenzita, ma per il resto si sentiva in gran forma e per di più con un gran appetito!

“ Ho fame! Ho tanta fame!” esclamò richiamando l’attenzione di Gulla che stava affaccendata in cucina.

La donna arrivò al capezzale di Babbo Natale reggendo un vassoio colmo di ogni buona cosa: uova strapazzate, piccole salsicce affumicate, formaggio, succo d’arancia, cioccolata calda e una appena sfornata torta di mele che emanava un odore squisito e invitante, che si era diffuso in ogni angolo della casa.

“ Buongiorno Babbo Natale! Ho preparato qualcosa per la tua colazione!” lo salutò Gulla sorridendo.

Babbo Natale la guardò corrucciato per alcuni secondi per poi dirle: “Ma lei chi è? Cosa fa in casa mia?”

“Sono Gulla , la tua vicina di casa, la moglie di Osvard. Ti dice niente il mio nome?” incalzò la donna.

Babbo Natale ripetè quel nome, ma poi concentrò tutta la sua attenzione sulla fragrante torta di mele che divorò a grandi bocconi.

“Buona! Deliziosa! Mai mangiato niente di più buono!” diceva fra un boccone e l’altro.

Gulla lo osservava soddisfatta: era sempre lo stesso, peccato solo che… lui non se lo ricordasse.

“L’ha fatta lei con le sue mani, signora?” domandò Babbo Natale appena ebbe finito di raccogliere anche l’ultima briciola.

“E smettila di darmi del lei e non chiamarmi signora! Sono vent’anni che ci conosciamo e abito qui nella porta accanto.” sbuffò Gulla andando a prendere l’album dove erano custodite tutte le foto più belle che lo ritraevano un po’ ovunque in giro per il mondo.

“E chi è quell’omone vestito in modo così ridicolo?” domandò con un’espressione disorientata.

“Secondo te? Chi sarà mai?” continuò Gulla, le mani sui fianchi e lo sguardo corrucciato.

Babbo Natale scrollò la testa desolato: proprio non riusciva a ricordare niente del suo famoso passato. Ogni tanto prendeva lo specchio in mano e si guardava il faccione pieno di barba bianca che gli ricadeva in soffici boccoli. Ma chi era quello che lo stava a fissare? Quel buffo signore dagli occhi celesti con gli occhialetti sulla punta del naso? La sua mente cercava tra i ricordi, ma senza successo. A Gulla allora venne un’idea: lo portò fuori a trovare le sue amiche renne, le quali appena lo videro gli si fecero incontro in segno di affetto, ma Babbo Natale si scostò bruscamente da loro gridando: “Via da me! Mi fate cadere!”

Le renne mortificate abbassarono lo sguardo e si allontanarono da lui.

Gulla riportò a casa Babbo Natale, il quale si coricò per fare il sonnellino pomeridiano. Rimasta sola nel silenzio della casa, si sentì molto triste, perché le ore passavano e di progressi neanche l’ombra. Le vennero in mente i visi tristi dei bambini che non avrebbero trovato nulla sotto l’albero addobbato e pensò ai titoli di tutti i giornali del mondo che avrebbero scritto così: “Babbo Natale in sciopero!” oppure “Brutta sorpresa a Natale!” e ancora “Addio Babbo Natale!”

Si sedette accanto al camino aspettando il ritorno dal lavoro di Osvard: forse chissà, lui magari, aveva un’idea migliore sul da farsi. Dopo poco infatti l’uomo entrò in casa, ma non era solo, era accompagnato, niente di meno, che… dalla Befana!

“Dov’è Babbo?” chiese lei senza preamboli parcheggiando la scopa vicino al divano.

“Sta dormendo.” rispose Gulla e vedendo che la Befana stava entrando nella camera aggiunse: “Si è addormentato da poco, aspetta…”

Ma la Befana neanche la sentì, si accostò al letto e prese a scuoterlo energicamente fino a che Babbo Natale non aprì gli occhi.

“Ma che maniere sono, a svegliare così un povero vecchio!” esordì lui inforcando gli occhiali.

“Ma che vecchio e vecchio! Alza le chiappe e muoviti che c’è molto da fare! Fra poco sarà Natale!” ribattè lei sedendosi sul letto.

Poi, dopo avergli dato un leggero colpetto sulla fronte, continuò: “Ehi, guarda che non voglio fare anche il tuo lavoro. Io sono di turno il sei gennaio con le calze e i dolciumi! Tu il venticinque di dicembre! Vedi di ricordarti, sennò siamo nei guai, tutti!” continuò lei fissandolo in viso.

Babbo Natale la osservò attentamente: quel naso così lungo e adunco, i capelli arruffati che fuoriuscivano dal fazzoletto annodato sotto il collo, quella voce squillante… gli sembrò un viso già conosciuto.

Mentre le percorreva il viso con lo sguardo, Babbo rifletteva e pensava: “Certo che è proprio brutta! Vestita alla meno peggio, pure spettinata e poi con quel naso, sembra proprio una befana! Be…fa…na!? Ma questa parola non mi è nuova… assolutamente no…”

Si fermò un attimo. Poi con una nuova luce negli occhi gridò: “Befana! Amica mia! Che piacere rivederti!”

Gulla e Osvard si guardarono esterrefatti.

“Mi sono scomodata per te. Ho saputo che non ti ricordavi più nulla, dopo la caduta dalle scale… Ma che cosa mi combini, Babbo, proprio a pochi giorni dal Natale!?” esclamò la Befana abbracciandolo

“Sono Babbo Natale, mi ricordo. Sono solo caduto dalle scale…”

Gulla si fece avanti e chiese con la voce emozionata: “Ti ricordi anche di noi?”

Lui ridacchiò: “Che domande: tu sei la cara Gulla e fai le torte di mele più buone di tutta la Lapponia e lui è Osvard, tuo marito! I miei cari vicini, grazie per quello che avete fatto per me! Senza di voi non ce l’avrei fatta! Che idea chiamare la mia amica Befana!”

La vecchietta si voltò verso i coniugi e strizzò l’occhio.

Gulla corse ad abbracciare entrambi.

“Vado subito a infornare una bella torta di mele per voi due, così festeggeremo la guarigione di Babbo.”

“Per me con tanto zucchero a velo, sopra!” disse la Befana.

“Per me con tante mele!” chiese Babbo Natale.

Gulla sparì in cucina a sfaccendare, mentre Babbo uscì di casa per salutare le renne.

Anche Osvard sorrise: il Natale, ancora una volta, era salvo!

***

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