di Claudia Sibella
Babbo Natale, triste e sconsolato, smise di leggere la centomillesima letterina: era stata scritta da Mary, nove anni. Nella lunga lettera, su carta rossa, molto natalizia, a parte un lunghissimo elenco di doni, non c’era nemmeno una delle “paroline magiche” che, a Babbo Natale, piacevano tanto…
In nessuna delle letterine, arrivate fino a quel momento, era apparso un “ciao o un buongiorno”, un “per favore”, un “grazie”, ma solo tanti, tanti, tantissimi “Per Natale, io voglio…”
Assai triste, Babbo Natale, raggiunse sua moglie per il consueto tè delle cinque.
“Cara moglie, forse sto diventando troppo vecchio e troppo brontolone, ma, quando leggo le letterine dei bambini di oggi e non trovo nemmeno una parolina magica, divento triste e mi dico che è ora di andare in pensione”
La Signora Natale, vedendo il marito infelice , cominciò a preoccuparsi davvero: se fosse diventato troppo triste, poi si sarebbe ammalato e, Babbo Natale, non può ammalarsi a Natale, perché c’è tantissimo lavoro da fare!
Decise allora di aiutarlo e, in gran segreto, convocò il Consiglio degli Elfi per chiedere un parere ai simpatici omini che, da sempre, aiutano Babbo Natale.
Il giorno dopo, a mezzanotte, quando tutti nel mondo dormono, si riunì il Consiglio e la Signora Natale, prese parola:
“Mio marito, è molto triste e vuole andare in pensione, perché i bimbi non usano più le paroline magiche, ma solo “i voglio ed i dammi”. Come possiamo aiutarlo?”
Il capo degli Elfi, anziano e grinzoso, ascoltava in silenzio.
Poi, chiese il permesso di parlare:
“Salve a tutti, gentili colleghi, avrei una proposta da farvi: perché non teniamo un pochino d’occhio gli esseri umani e cerchiamo di capire perché i bimbi si comportano così?”
Tutti gli altri Elfi trovarono che quella era davvero una buona idea e cominciarono a stendere i turni per osservare i bambini. La mattina dopo, Treninus Van Electricus, Elfo esperto nella costruzione dei trenini, prese ad osservare la casa di Marco, un bimbo di sei anni che abitava a Bergamo, con Sara, la sorellina, Papà e Mamma.
Erano le 7 del mattino ed erano tutti svegli.
“Preparami il caffè”, diceva il papà alla moglie, “sono in ritardo”.
“Devi portare tu i bambini a scuola!”
“Dove hai messo il mio diario? Mi fai sempre i dispetti, cattivo…”
“Tocca prima a me fare la doccia, sei brutta!”
Tutti erano di fretta, nessuno sorrideva, anzi brontolavano ed erano di cattivo umore. Electricus, prese alcuni appunti sul suo quaderno e continuò il suo lavoro.
Il giorno successivo era di turno Dollina, una bella e dolce Elfetta, che disegnava e cuciva vestiti per le bambole del laboratorio di Babbo Natale. Osservava una famiglia di Madrid all’uscita da una scuola. I nonni, aspettavano i nipotini ed intanto, chiacchieravano con altri genitori e nonni.
“Le maestre sono incompetenti, danno troppi compiti ed i miei nipotini non possono andare a lezione di scherma, inglese, nuoto, danza, russo, cinese, cucina, pittura…” diceva una nonna.
“Dammi il numero di cellulare della Preside, che poi le telefono e gliene canto quattro!” rispondeva un nonno.
“Altro che telefonare, si deve fare una riunione e poi dirgliele tutte belle chiare!” aggiungeva una mamma.
Dollina osservava perplessa : nessuno che si salutava, nessuno che ringraziava, erano tutti arrabbiati. La piccola Elfa scrisse qualche riga sul suo quaderno delle osservazioni e continuò il suo lavoro. Il giorno seguente, Martinus, un simpatico ed anziano Elfo, durante il suo turno, prese ad osservare una scuola, a Londra.
Le lezioni non erano ancora cominciate e gli insegnanti, nella sala dove si ritrovavano con i colleghi, erano tutti silenziosi, scontrosi, di poche parole ed impegnatissimi a scrivere messaggi sui telefonini. Nessuno sorrideva, salutava o chiacchierava con i colleghi.
“Caspita” pensò il vecchio Martinus “perché si comportano così invece di essere contenti?”
“Stasera, ne parlerò al Consiglio”
Quella sera, a mezzanotte, il Consiglio si riunì ancora: c’erano tutti gli Elfi, le Renne della slitta e, naturalmente, la Signora Natale, che era sempre più preoccupata per suo marito.
Tutti, in attesa che cominciasse la riunione, vociavano felici, si salutavano con grandi sorrisi e abbracci, chiacchieravano fra loro colmi di gioia per essere lì, insieme.
Il capo degli Elfi, prese la parola:
“Cari colleghi, abbiamo osservato a lungo gli esseri umani e abbiamo capito una cosa: sono tutti indaffarati, di corsa, sempre al cellulare e hanno dimenticato come si fa ad essere allegri e gentili, ma soprattutto, gli adulti, hanno scordato le “parole magiche”. Cosa possiamo fare?”
Tutti i presenti, stupiti, si chiedevano come fosse potuta succedere una cosa del genere e mormoravano, sottovoce, cercando una soluzione.
Fu la Signora Natale a trovarne una: prese carta e penna e cominciò a scrivere :
– Cari Adulti,
nelle vostre giornate, tanto caotiche e vissute sempre di fretta, vi siete accorti che non vi salutate più, non dite grazie e non usate più nemmeno la semplice parola “ciao”?
Babbo Natale è triste perché, nelle letterine dei bimbi, non trova più le parole “per favore, grazie, ciao”. Fermatevi un pochino, ricordatevi di usare le “paroline magiche” e pensate solo che i bambini vi prendono ad esempio ed imparano da voi.
I miei rispettosi saluti
Signora Natale –
Il giorno dopo, a tutti gli adulti del mondo, via mail, per posta e WhatsApp, arrivarono le parole della Sig.ra Natale.
Passarono i giorni poi, il 23 dicembre, Babbo Natale, aprì due buste.
Una era azzurra ed arrivava da Luca:
“Carissimo Babbo Natale, come stai? Spero che lì, dove abiti tu, non faccia troppo freddo e tu abbia un bel cappotto caldo per quando uscirai con le renne ed i regali.
Sai, io non voglio giocattoli quest’anno, ma mi piacerebbe tanto che il mio papà, che è lontano perché fa il dottore e cura i bambini, potesse tornare a casa per trascorrere il Natale con noi.
Tu prova a vedere se riesci ad aiutarmi, ma se non ce la farai, va bene lo stesso.
Ti ringrazio tantissimo e ti auguro Buon Natale.
Ti voglio tanto tanto bene.
Luca
Ps: ti lascio, in cucina, le carote per le renne e un bel thermos di caffè caldo per te che, magari, sarai stanco.”
La seconda arrivava da Lucia :
” Caro Babbo Natale, come stai? Spero che tu non prenda l’influenza, perché i bimbi aspettano i tuoi doni. Volevo solo dirti grazie perché, dopo tanto tempo che lo desideravo, finalmente, a giugno, arriverà un fratellino o una sorellina.
Ah sì, dimenticavo: se puoi, mi piacerebbe ricevere una bambola.
Grazie mille
Tvttb
Lucia”
Babbo Natale sorrise, finalmente felice: forse, gli adulti, cominciavano a capire…
***
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Una volta ho sentito dire che il miglior complimento che si possa fare ad uno scrittore è “avrei voluto scriverlo io”. Ebbene, di questo racconto lo dico: avrei voluto scriverlo io. Complimenti: un linguaggio abbordabile per i piccoli, ma un messaggio incisivo e valido anche per gli adulti. L’ho letto a mia figlia Aurora, di quattro anni, e le è piaciuto.
Titolo poesia. Viva la befana…La befana era stanca delle scarpe tutte rotte,erano proprio brutte e vecchie le ha buttate, nella stufa.E’ rimasta a piedi scalzi,solo con due vecchie babbucce di un colore fuori moda, e, anche con un bel buco.E’andata in boutique,si è comprata gli stivali,eleganti ,di gusto raffinato.Sono belli di un gran tacco corredati,con le perle incatenate neanche Cenerentola,le ha mai portate.Quando a casa è ritornata le amiche, l’hanno ammirata,per tutto, il paese è dovuta andare,dai bambini per farsi ammirare.Erano tutti emozionati che, un pacco di dolci,le hanno regalati.
Per me tutti i racconti sono vincitori, e anche chi sarà escluso .