Il gomitolo di Natale

di Sara Francucci

C’era una volta, tantissimo tempo fa …” tutte le favole più belle iniziano proprio così, e se la mia non è proprio una favola, ci si può ritrovare ugualmente attratti dalla trama della storia.

Chi ha detto poi che le favole sono solo per bambini? Spesso queste, oltre a farci sognare ci fanno capire che ogni vita è una storia che vale la pena di raccontare.
Affacciata alla finestra guardo tristemente i grossi nuvoloni dal color piombo che gettano su di me le livide tinte del crepuscolo.

Mi osservo allo specchio e conto i Natali che mi rimangono ancora da vivere. È triste vedere la vita sfiorire e osservare il corpo trasformarsi in un viaggio di non accettazione. Le gote enfiate e flaccide di un pallore mortale e le palpebre gonfie per aver pianto a lungo. Il mio volto assomiglia ai petali di un giglio, le labbra sono come due rose appassite che l’autunno ha lasciato sugli steli. Le parole distanti come se uscissero dalla bocca di un’altra, e i suoni sono come conchiglie vuote. Questo è il suono del silenzio. Un silenzio che ora fa rumore ma che è sempre esistito. Solamente che allora i “Natali” erano corse affannose verso l’acquisto perfetto e la gioia si coniugava tra lo sfarzo delle luci e dei colori che abbagliavano, tra l’opulenza delle vetrine provocanti, tra le campane di Jingle Bells e le note morbide di Silent Night. Ero talmente assorta nei frastuoni delle passioni, intessuta nella profondità delle timidezze acerbe, incantata dai tramonti, che non avevo occhi per guardare e orecchie per sentire. Ero troppo distratta, travolta e addormentata dalle abitudini per essere davvero all’erta e riconoscere lo scandirsi dei miei “Natali”. Mi sembrava che le stelle fossero per sempre mattoni di madreperla e la sera continuasse in eterno a vestirsi di velluto. Ora nel mio cielo le nuvole si sono talmente infittite che coprono tutto l’orizzonte come una cortina e proiettano ombre cupe sul mio paesaggio. Questo è il tramonto più triste di ogni storia. La notte troverà presto la sua alba e il mio tempo sarà sospeso in un crepuscolo eterno. Vivo ai limiti della misantropia con il cuore che sta andando a pezzi come vetro. Con la mente disfatta e le gambe tremanti mi trascino avanti sulla mia strada come un cane affamato. Sono alla fine del mio vivere randagio.

Le persone a me più care si sono staccate come frutti marci ritornando alle radici dell’albero della vita. Mia sorella è in uno ospizio. Mio marito non c’è più da tanto tempo e da allora è diventato un pensiero supremo, un sogno stupendo, un’emozione travolgente e viva nel mio spirito.

Quando sei impegnata a correre dietro le calcagna del tempo non ti accorgi che i giorni passano come fantasmi e spariscono come nuvole al vento. Avevo interiorizzato un’idea di vita in cui il presente non esisteva, se non come trampolino verso il futuro. Ora che la mia corsa è finita avverto le emozioni che tenevo chiuse all’interno del bozzolo acerbo del mio essere e quelle che sono passate senza che me ne sono accorta. Ho imparato ad ascoltare lo stillicidio del silenzio, fatto di suoni, di respiri e di desideri, decifrandone piano piano il suo linguaggio.

Ora finalmente è arrivato il mio Natale. È Natale perché sto lottando per la vita. È Natale perché mi sono fermata a riflettere per scegliere ciò che conta e che vale, rispetto a ciò che passa. È Natale perché dono forza dalla mia fragilità. È Natale perché riesco a percepire l’aria intorno magica e speciale come quando ero bambina. È Natale perché so che l’ansia del futuro non mi priva più della felicità di oggi. È Natale perché ogni anno è un regalo.

Sono seduta accanto al fuoco che scoppietta avvolta da un profumo di cannella e chiodi di garofano. L’albero di Natale emana un odore di legno e le sue decorazioni passate di generazione in generazione risplendono in una stanza vuota.

Poi suonano alla porta e il silenzio si rompe. Con il cuore accelerato e le gambe tremolanti vado ad aprire.
“Nonna come stai?” mi chiede, abbracciandomi la mia unica nipotina.
“Non sono stata mai meglio di ora” rispondo trattenendo la gioia inaspettata.
“Tieni questo è per te!” mi dice porgendomi un piccolo regalo.
“Che cosa sarà? Mi domando mentre scarto il regalo con la stessa foga di una bambina curiosa.

È un bellissimo filo rosso che si dipana in uno scambio d’abbracci perché magicamente la mia casa si riempie di persone care, bene intrecciando tradizioni e ricordi.

È Natale perché ho capito che il gomitolo della vita vera è semplicemente un dipanarsi di storie, di istinti e di passioni. Bisogna solo riuscire a tenere il bandolo del gomitolo. Bisogna solo resistere a quel filo invisibile che ci stringe fino a farci male, perché poi ci darà la libertà, il coraggio e la speranza.

“Il gomitolo di Natale” – Sara Francucci (Concorso Lampo di Natale) – Lettera32 Il Blog
Il gomitolo di Natale

Un pensiero su “Il gomitolo di Natale

  • Dicembre 27, 2023 alle 4:52 am
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    “Conto i Natali che mi mancano”: per un momento mi ha fatto pensare ad una protagonista che ha il potere di guardare nel futuro e di sapere esattamente quanto le resterà da vivere. Ma questa è un’altra storia…
    Non è mai troppo tardi per iniziare a vivere, per dare valore al tempo e alle relazioni.

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