di Angela Anna Acquaviva
Era una notte infernale: lampi, tuoni, pioggia scrosciante ininterrottamente, vento gelido e freddo pungente. Una di quelle che è preferibile trascorrere in casa al riparo e al caldo. Un lusso però che la cara vecchia Befana non poteva assolutamente permettersi. A tutti i costi doveva fare le sue consegne.
Iniziò il suo giro allo scoccare della mezzanotte. Man mano che vedeva spegnersi le luci all’interno delle case, con la sua scattante scopa magica volava da un camino all’altro e distribuiva dolci e carboni ai bambini senza intoppi né ritardi. Godendo poi di una speciale protezione, non correva il rischio di bagnarsi né di ammalarsi.
Una fioca luce però continuava a restare accesa. Spinta dalla curiosità e anche dalla voglia di ultimare la sua distribuzione, si avvicinò con circospezione al luogo da dove essa proveniva. Era la cameretta di un bambino, a letto con un libro tra le mani, sulle cui illustrazioni teneva fissi i suoi occhi tristi e piangenti. La Befana tirò subito dal suo sacco la preziosa agenda dove erano annotati gli indirizzi e le notizie utili di ogni bambino e lesse che si chiamava Giulio, che aveva cinque anni e che non sapeva ancora leggere perché frequentava la scuola materna. Fino a pochi mesi prima era la sua mamma a leggere ogni sera per lui alcune pagine di quei libri, che ora giacevano alla rinfusa sulla mensola al di sopra della scrivania. Tra le lacrime, di certo lui stava ricordando, quanto fosse facile una volta addormentarsi al dolce suono della sua amata voce. Quando c’era lei in camera, non aveva niente da temere, come invece succedeva ogni notte ora che era volata in cielo. Non osava chiedere al padre di prendere il suo posto, perché lo vedeva tornare sempre stanco dal lavoro. La mamma poi mancava tanto anche a lui.
La Befana si rese conto di quanto fosse profonda la sofferenza del piccolo. Non c’erano dolci al mondo capaci di alleviarla. Era ben altro ciò di cui aveva bisogno in quel periodo dell’anno, quando gli affetti diventano ancora più indispensabili del solito. Tra l’altro le vacanze natalizie lo avevano privato pure delle attenzioni e della compagnia delle maestre e dei compagni di classe. Ebbe allora una delle sue idee geniali: diventare la sua mamma almeno per qualche giorno.
Attirò la sua attenzione picchiettando con delicatezza l’indice destro sul vetro della finestra. Giulio si fece coraggio, scese dal letto e si avvicinò ad essa. Grazie alle sue arti magiche la Befana imitò alla perfezione la voce della sua mamma e disse: “Ciao, piccolo mio! Non temere, sono la mamma. Ho avuto il permesso di stare con te per tre notti di seguito. Non potrai vedermi, ma sentirai la mia voce e la mia presenza accanto a te. Apri la finestra, spegni l’abat-jour e infilati a letto, così potrò starti vicino come facevo una volta”.
Benché poco convinto, Giulio ubbidì. Appena lo vide a letto, la Befana, coi suoi occhi capaci di vedere anche al buio, scelse tra i libri sulla mensola “Mamma nastrino Papà Luna”. Era un libro di poche pagine, appena sedici quelle riguardanti le mamme, più o meno cinque per notte. Si sedette poi vicino vicino al letto e cominciò a leggere così: “Tutte le mamme del mondo. Tutte. Hanno i nastrini. Tutte le mamme, anche quelle che vivono in cielo”.
A stento riuscì ad arrivare alla quinta pagina, perché Giulio s’addormentò all’improvviso come per incanto.
La mattina, appena sveglio, corse subito nella stanza del padre e gli raccontò ciò che gli era successo. Lui però non gli credette, lo mandò subito a fare colazione e a prepararsi per andare dai nonni a trascorrere il giorno della Befana. Da loro trovò una calza piena di cioccolatini e dolciumi vari. Anche alla nonna raccontò di aver trascorso la notte con la mamma. Lei in silenzio ascoltò attentamente e ad un certo punto si mise a piangere.
Una volta di ritorno a casa, Giulio bevve solo un bicchiere di latte e corse subito a letto per ritrovare la mamma. Appena spense la luce, lei gli fu accanto e ricominciò a leggere di quei nastrini, lunghi e colorati, che tengono legati i cuori delle madri a quelli dei loro bambini. Giulio intanto sorrideva e cercava con la sua mano di afferrare il nastrino che legava il suo cuore a quello della mamma.
La terza notte, a fine lettura, Giulio sapeva tutto di quei nastrini speciali. Erano invisibili, molto elastici, infrangibili e resistenti, e permettevano di parlare da cuore a cuore anche da assenti.
Decise allora che non era più il caso di avere paura, di essere triste e di piangere, visto che anche dal cielo la sua mamma teneva sempre ben annodato il suo nastrino a lui.
Esaurite le sue notti extra, la Befana, pienamente soddisfatta, in un baleno all’alba si dileguò sulla sua scopa magica.